Prodotti green? “Sì, grazie”. L’eco-mania si diffonde anche nel bel paese. Gli italiani, infatti, strizzano l’occhio ai prodotti eco-attenti. In particolare, secondo una ricerca Eurisko, per l’84% del campione non si tratta di una moda passeggera, ma del futuro prossimo dove la protezione dell’ambiente e la responsabilità sociale assumeranno un ruolo strategico come chiave di sviluppo economico.
I consumatori sono, infatti, pronti a premiare le aziende che sposano la ‘green philosophy’ e a punire (74% del campione) quelle che si comportano in modo irresponsabile verso l’ambiente, smettendo di acquistare i loro prodotti. Scendono in campo così i buoni propositi e ancora una volta l’industria recita la parte del ‘nemico’.
Ma gli italiani forse ancora non sanno che ad impattare maggiormente sull’ambiente sono proprio i consumi domestici. Nella catena del valore, infatti, secondo uno studio che Unilever, società globale di beni di largo consumo, ha elaborato per redigere il proprio ‘Sustainable living plan’, il 25 per cento dell’impatto ambientale proviene dalle materie prime, solo il 3 per centro dalla produzione-trasformazione, il 2 per cento dal trasporto mentre il consumo in casa pesa per ben il 69 per cento.
Se i produttori, dunque, stanno riconsiderando il proprio business proprio in funzione della sostenibilità come dimostra lo studio ‘Vision 2050’ nato dal confronto di 29 multinazionali di cui fanno parte la multinazionale tedesca Henkel, la svizzera Holcim, Alcoa, PricewaterhouseCoopers, Storebrand e Syngenta, i consumatori fanno un po’ fatica.
Secondo la ricerca, l’innovazione tecnologica, spesso indicata come la strada maestra per ridurre l’impatto ambientale, da sola non può vincere la sfida della sostenibilità: occorre una profonda trasformazione degli stili di vita, dei modelli di consumo e di business.
Comprare un prodotto eco-attento e non chiudere l’acqua mentre ci si lava i denti, vanifica tutti gli sforzi della filiera, danneggiando così non solo l’ambiente ma anche il portafoglio. Chiudere i rubinetti mentre ci si insapona consentirebbe ad ogni consumatore di risparmiare circa 120 euro e più di 12.000 litri di acqua per anno. Chiuderla mentre ci si lava i denti consentirebbe di risparmiarne più di 3000 litri per anno.
Il mondo ‘green’ dunque è ancora foriero di molte incertezze e ignoranze. Secondo lo studio Eurisko, appena la metà del campione conosce ‘solo vagamente’ la classificazione energetica, malgrado gli incentivi statali e le campagne di pubblicità progresso in tal senso. Un italiano su tre ancora confonde la classe energetica A con quella C, immaginando che la prima sia meno efficiente. E non solo, gli italiani pensano, erroneamente, che sia l’Unione Europea (68%) o lo Stato italiano (54%) a garantire la responsabilità ambientale da parte delle aziende. Per questo i consumatori, chiedo no maggior chiarezza e informazione (82%) e desiderano impegno da parte delle istituzioni e degli stessi produttori.
Un ruolo importante viene richiesto alla comunicazione, che deve essere regolata per evitare che nel gran ‘calderone verde’ si possano nascondere troppe comunicazioni false, non sostanziate o fuorvianti riguardo ai presunti benefici dei prodotti dal punto di vista ambientale. In sintesi, una comunicazione efficace che punti a far capire il vantaggio sia economico che ambientale del prodotto.
Solo proponendo un prodotto dalle qualità superiori, rispetto ad altri in circolazione, si può sperare che il consumatore decida di cambiare quelle che sono le abitudini ormai consolidate da anni. Ma il prezzo resta la ‘croce’. Solo il 3% è disposto a spendere di più per un prodotto eco-compatibile, questo perché si aspetta che siano i produttori ad accollarsi il peso del processo di rinnovamento. Se il prodotto però è valido, ossia, di qualità superiore, non solo per l’ambiente ma anche per le performance di utilizzo, allora ci possono essere vantaggi economici per quanto riguarda il consumo di acqua o di elettricità. Bisogna dunque rivalutare il concetto di ‘costo’!
fonte: Adnkronos
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