L’olio di palma si trova nei biscotti e nel cioccolato, nel pane industriale e nello shampoo, nelle candele e nei rossetti, nei gelati e in molti altri prodotti.
All’industria offre molti vantaggi: costa pochissimo e si lavora facilmente. Nutrizionisti e ambientalisti ne parlano male, ma c’è anche chi lo difende. E visto che è presente in molti prodotti destinati ai bambini, ho sentito la necessità di saperne di più.
In sintesi, ho scoperto che:
- esistono due tipi di olio di palma: uno è estratto dai frutti, l’altro dai semi (olio di palmisto)
- l’olio di palma grezzo è semisolido ed è per questo motivo che non ha bisogno di essere idrogenato (l’idrogenazione serve, tra le altre cose, a dare una consistenza “burrosa” all’olio)
- in alcuni paesi (ad esempio di Usa) dove sono diffusi i grassi idrogenati (ricchi di grassi trans, che alzano il colesterolo e aumentano il rischio di malattie cardiovascolari), l’introduzione dell’olio di palma è considerata una soluzione migliorativa
- l’olio di palma contiene vitamine e antiossidanti, che però si perdono nei processi di raffinazione
- l’OMS consiglia di moderarne il consumo, ma questa è un’indicazione che deve valere per tutti i grassi
- quasi sempre la sua presenza in un prodotto è associata agli aromi artificiali, che nascondono l’odore sgradevole che l’olio di palma assume durante la lavorazione ad alta temperatura
- nelle etichette la sua presenza può non essere evidente (si nasconde dietro indicazioni come “olio vegetale” o “grassi vegetali”): a partire da dicembre 2014, però, la legge impone che in etichetta i produttori dichiarino in modo preciso il tipo di olio che utilizzano (Regolamento UE n.1169/2011)
- se, da una parte, l’olio di palma costa poco, dall’altra il suo costo ambientale è altissimo: in Indonesia e Malesia – i principali produttori – enormi distese di foresta tropicale vergine vengono rase al suolo per fare spazio alle piantagioni.
- le organizzazioni ambientaliste chiedono ai produttori rendere la coltivazione più sostenibile. Chi rispetta i criteri può ottenere la certificazione, che però è messa seriamente in discussione da chi accusa il WWF di assumere posizioni troppo morbide nei confronti delle grandi industrie. Intanto specie come la tigre di Sumatra e l’orangutan rischiano l’estinzione proprio per la scomparsa del loro habitat naturale.
In conclusione, non penso che, dal punto di vista alimentare, quest’olio sia da demonizzare più di altri grassi industriali. Per dirla in parole povere, c’è di peggio. Il problema grave a me sembra quello ambientale e sono proprio le pressioni dei consumatori che potranno costringere l’industria a imboccare la strada della vera sostenibilità. Per questo motivo, io cerco di evitarlo.
Vi segnalo qui di seguito alcuni link interessanti e utili, per chi desiderasse approfondire:
- non contrario ad un consumo (moderato) di olio di palma è Valore Alimentare
- contrario all’olio di palma è invece Albanesi
- Il Fatto Alimentare ha pubblicato molti articoli su questo tema e sta mettendo a punto, con l’aiuto dei suoi lettori, un elenco di prodotti che non lo contengono (il che non significa necessariamente che siano più sani, ben inteso). Qui parla dell’olio di palma nelle merendine e nei prodotti salutistici
- il sito dell’RSPO, l’organizzazione che definisce i criteri di sostenibilità
- il sito di Pandaleaks, il libro in uscita che accusa alcune organizzazioni ambientaliste – per esempio il WWF e l’l’RSPO – di limitarsi ad azioni di “green washing”, dando cioè un’apparenza “verde” a operazioni industriali che di fatto sono dannose per l’ambiente
- il sito francese “Vivere senza olio di palma”, missione complessa perché la presenza di questo ingrediente nei prodotti è spesso difficile da tracciare e identificare
- un elenco, stilato dal WWF, dei prodotti che contengono olio di palma
foto credit: One Village Initiative
Francesca BI
Grazie per aver raccolto tutte queste informazioni preziose. Da tempo ormai scelgo i prodotti facendo attenzione che non contengano l’olio di palma…e nel dubbio i “grassi vegetali”. L’impatto ecologico delle piantagioni di palma è un aspetto molto importante che richiede un impegno anche da parte di noo consumatori. In futuro starò attenta a scegliere anche i prodotti non alimentari.
Marta _ Stikets
Grazie mille per tutte le informazioni: anch’io credo che sia molto piú importante l’impatto ambientale che non quello sulla salute. In questo senso, ho sempre pensato che la varietà e qualità degli alimenti e la cucina in casa sono le migliori scelte…tempo permettendo, ovviamente!!
Marina - La mia vita semplice
purtroppo a volte la presenza di olio di palma si legge anche sulle etichette dei prodotti biologici. a me sembra un controsenso.
Raffaella-mamma (quasi) green
sì è vero, anche a me capita spesso di trovarlo in prodotti “sani” e/o “bio”. Bisogna leggere sempre gli ingredienti!
Alessia
Purtroppo persino Altromercato usa olio di palma nella crema di cioccolato e nocciole…
Raffaella-mamma (quasi) green
si infatti…speriamo che cambi qualcosa!
Ilaria
Ciao Raffaella, grazie per questa raccolta preziosa di informazioni. Condivido il tuo approccio ed anche le tue conclusioni, il fattore ambientale mi sembra il problema principale, per il resto basterebbe adottare la regola del less is more anche in cucina, utilizzando ingredienti base per la preparazione di piatti buoni semplici e sani, senza dover ricorrere a troppi preparati industriali.
Raffaella-mamma (quasi) green
Sono d’accordo con te, purtroppo siamo stati abituati alla cultura del cibo pronto…ma con un po’ di consapevolezza si mangia molto meglio e si risparmia parecchio!
veronica
Grazie per il contributo che leggo solo ora! Anche io sono molto attenta all’alimentazione soprattutto di mio figlio che sta crescendo e cerco di condividere con le altre mamme le informazioni ma non è sempre semplice… grazie!!
Raffaella-mamma (quasi) green
Quando si parla di alimentazione con le altre mamme è sempre molto difficile. Gli animi si scaldano e si creano grandissimi attriti!