Una delle più grandi difficoltà che sto incontrando in questi anni di percorso verso una vita più green è la produzione di rifiuti. Nonostante l’impegno a ridurre il packaging, a cercare la spesa sfusa, ad autoprodurre molti cosmetici e prodotti per la casa, la nostra produzione domestica di rifiuti resta significativa. Devo impegnarmi di più. Devo cercare nuove soluzioni e aumentare la mia motivazione.
Non possiamo continuare ad accumulare rifiuti, a spendere soldi per prodotti pieni zeppi di packaging, a rilasciare nell’ambiente tutto quello che non ci serve più.
Nel 2013 l’americana Bea Johnson ha pubblicato il libro Zero Waste Home (aggiornamento di novembre 2017: è uscita la versione italiana con il titolo Zero rifiuti in casa), una guida per semplificarsi la vita riducendo la produzione di rifiuti e lo spreco. Bea racconta di come, insieme al marito e ai due figli, ha ridotto di 3/4 la produzione di rifiuti di casa e di come, nel frattempo, la vita di tutta la famiglia sia notevolmente migliorata.
Nella community di BabyGreen c’è anche Cecilia Ramondetta, mamma e insegnante, che vive in Irlanda e sta intraprendendo un percorso molto simile. Cecilia ha deciso di raccontarci di come ha deciso di diventare “zero waste”, di quali sono i principali ostacoli e le migliori soluzioni.
Ciao Cecilia, parlaci di te
- ho 43 anni, e da 15 vivo a Dublino, emigrata per amore. Da 3 anni nella nostra vita c’è anche un bimbo.
- sono insegnante di italiano, ma ho anche fatto altri lavori e tanto volontariato in varie vesti e ruoli sia in Italia che qui
- la passione per l’ambiente, e una visione della vita che comprenda una prospettiva molto ampia, sia in termini di spazio che di tempo, ce l’ho da almeno 20 anni, forse di più, e nel tempo ha preso forme diverse
- ho anche sempre avuto una forte spinta interiore ad agire sulla base dei miei principi, con conseguenze immaginabili: per fortuna nel tempo ho imparato anche a tenere a freno la lingua e giudicare meno gli altri! Zero Waste è l’ultima incarnazione di queste tendenze.
Cosa ti ha spinta ad essere Zero Waste?
- La spinta primaria a fare questa scelta è stato mio figlio: non voglio lasciare (a lui, come agli altri bambini cui insegno) in eredità un carico sproporzionato di rifiuti!
Sei già Zero Waste?
- Non sono assolutamente zero waste al momento e, se devo essere totalmente onesta, non credo che lo sarò mai. Non sono neanche minimalista: ho (abbiamo, in casa) fin troppi vestiti, scarpe, libri, giochi e oggetti di tutti i tipi.
- Cerco, nel possibile, di comprare locale, bio, fair trade, riciclabile o riutilizzabile, ma spesso tutti questi ideali non sono compatibili con quello che si trova effettivamente nei negozi o al mercato, soprattutto qui in Irlanda dove i mercati ci sono solo una volta a settimana e in un mondo in cui i prodotti biologici devono essere impacchettati per proteggerli dalla contaminazione dei prodotti convenzionali!
- In più, c’è di sicuro un elemento economico: noi abbiamo deciso di investire nel cibo che mangiamo, ma questa è una scelta personale. In altre aree è difficilissimo trovare alternative decenti a prezzi abbordabili.
- Non ho modo di riciclare l’umido, ma ho una vermiera: il che significa che molto umido finisce comunque nel cestino dei rifiuti (sto cercando una compostiera comunitaria, ma non è facile).
- Infine, non mi faccio troppe illusioni (ma neanche sensi di colpa) sui rifiuti che genero senza vederli: comprare un confezione di farina in carta o una bottiglia di passata di vetro non significa assolutamente che entrambe non fossero impacchettate con della bella plastica resistente, e spesso non riciclabile, quando sono arrivate al negozio: ho lavorato per anni in un negozio bio e anche i pallet delle consegne erano completamente avvolti in plastica!
Detto questo, ridurre si può, secondo me, anche di molto e anche avendo una vita piena di impegni; mi interessa molto vedere fin dove riesco a ridurre la quantità di rifiuti inutilizzabili che finiscono nella mia spazzatura
Quale è stato il primo passo?
Il primo passo è stato sicuramente decidere: un passo recente, sulla scia di altri che avevo già fatto in passato, ma che ora è diventato prioritario.
Quale è la parte più difficile?
La parte più difficile resta il rifiutare: la base di Zero Waste è innanzitutto non portare in casa quello che finirà nel cestino, poiché anche il riciclaggio ha un costo energetico e ambientale, soprattutto quello della plastica. Il che, però, significa a volte fare senza: ognuno di noi ha piccoli lussi a cui non è disposto a rinunciare: per me, per ora, soprattutto la pasta e i noodles orientali (ma mi sto informando per compare una macchina trafilatrice) e i biscotti che non riesco a fare in casa. E poi, rifiutare le bustine di cosmetici in profumeria, rifiutare quello che viene impacchettato troppo, ecc. Quindi, per ora, in questi casi mi sto concentrando sul trovare alternative alla plastica.
Come ti organizzi per la spesa alimentare?
- porto con me tutte le buste, molte ancora di plastica che avevo accumulato, poi verranno sostituite con quelle di stoffa, che già ho.
- poi, e questo è meno scontato, porto con me barattoli e scatole per il formaggio, la carne (quella poca che mangiamo), le olive e tutto quello che riesco a trovare sfuso, ma che devo poi conservare in maniera adeguata. Per fare questo, bisogna trovare il rivenditore che è disposto ad usare i tuoi contenitori, per cui spesso in un supermercato non è possibile: non è illegale (almeno qui, in Italia non so), ma non vogliono correre rischi di igiene.
- riporto sempre le scatole delle uova al contadino che me le vende, così le riusa. Se non potessi farlo, porterei anche un contenitore extra.
- una delle cose che non riesco a trovare senza plastica è il latte: sto cercando di scoprire se c’è qualche fornitore, ma per ora niente! Ho però trovato la panna!
- faccio la spesa e, in base a quello che trovo, organizzo il menù della settimana, aggiungendo le scorte di base che di solito già ho in casa (legumi, riso, quinoa ecc.)
- se ho avanzi, vanno in contenitori riutilizzabili per il frigo o per il freezer.
E in cucina?
- ovviamente autoproduzione: torte, biscotti, pane se ho tempo, pizza, yogurt: insomma, niente di originale
- cuciniamo praticamente tutto quello che mangiamo, non compriamo quasi mai pasti pronti o take away
- evitare del tutto la plastica comprando cibo è per il momento impossibile. So di supermercati in Francia e Stati Uniti dove tutto è sfuso, ma qui da noi è un’utopia, per cui facciamo il meglio possibile
- uso solo la moka per il caffè e molti tè in foglia
- per portare colazione e pranzo al lavoro: scatole, scatolette, barattolini, posate e due gavette termiche, più un tazzone con coperchio, entrambi di acciaio inossidabile.
Per tutto quello che non è cibo?
- prima di tutto, valuto caso per caso se è un bisogno essenziale (la lavatrice nuova!), importante (un’altra confezione di silicone per il bagno, o una nuova padella ecc.), portatore di gioia (tipo nuove lenzuola per il letto) o inesistente.
- poi provo su qualche gruppo di freecycle, nel caso qualcuno stia dando via proprio quello che mi serve. Poi, negozi o siti di seconda mano. Da ultimo, compro nuovo, ma della qualità migliore che posso permettermi. Se si tratta di oggetti e/o prodotti che possono essere fatti di materiali riciclabili (le famose lenzuola), scelgo quelli piuttosto che altro.
Per i vestiti e le scarpe?
- circa l’80% di quello che compro è di seconda mano. La mia seconda scelta è un negozio che vende fondi di magazzino. Quello che compro nuovo, oltre alla biancheria, di solito sono vestiti belli, di qualità, che mi regalo ogni tanto!
- Ma: i pezzettini di plastica che tengono le etichette non sono riciclabili, e questo è un problema anche nei negozi di usato.
Come fai con l’elettronica?
- compriamo soprattutto computer (usati, che poi mio marito, genio dell’elettronica, mette a posto) e cellulari, cercando di sfruttarli al massimo finché non si rompono o diventano obsoleti. In ogni caso, cerchiamo di rivendere o regalare quel che non serve più.
Come ti organizzi per i detergenti per la casa?
- autoproduco molto
- compro il liquido per i piatti sfuso, in una bottiglia che ho da almeno 5 anni, perché ne ho trovato uno biodegradabile che funziona bene e costa di meno che farlo da me
- compro saponi solidi senza involucri (adoro quelli fatti a mano, ma ne trovo anche di commerciali, tipo Marsiglia o olio d’oliva) o impacchettati in carta
- ho da anni un uovo ricaricabile per il bucato (in plastica, ma buttarlo non ha senso) a cui aggiungo percarbonato e/o oli essenziali se serve. Disinfetto con olio essenziale di melaleuca o di limone. Tutto quello che sarebbe usa e getta, non lo compro: ho stracci, straccetti, spazzoline, spugnette, tovaglioli lavabili; compro le spazzoline in bambù invece delle pagliette, così poi vanno nella vermiera. Ho usato vecchi coprifasciatoio in microfibra per gli stracci antistatici e ho comprato alcuni panni in microfibra per la casa. Ho visto rotoli di panni cucina lavabili di stoffa, che prima o poi farò fare, bellissimi. Ho trovato anche spazzolini da denti in bambù e, ultimamente, uno per bambini interamente biodegradabile (ma non l’ho ancora provato).
Usi cosmetici e prodotti per la cura della persona?
- per i capelli shampoo solido: c’è chi non lo usa proprio, io non ho ancora avuto il coraggio! Però ho sperimentato con la farina di ceci un paio di volte con risultati decenti.
- grazie a mia madre, ho scoperto l’olio di semi di lino come balsamo, da mettere però prima dello shampoo.
- colore: henné, meglio se solido. Devo provare il caffè, ma vi farò sapere se funziona davvero.
- il dentifricio, visto che abbiamo il fluoro nell’acqua, lo faccio io, in polvere così si conserva più a lungo.
- non uso deodorante, e ho ancora abbastanza boccette di profumo da non aver bisogno d’altro.
- ho ancora tantissimo trucco in contenitori di plastica (visto che lo uso pochissimo), ma su internet ci sono bellissime ricette per fare da sé, che sperimenterò di sicuro.
- mi strucco con l’olio che ho in casa, utilizzando pezzi di vecchie magliette tagliate come salviette (sogno di svegliarmi con l’abilità di cucire, come per miracolo, e renderle molto più belle!).
- come creme per il corpo uso olio di cocco e olio di mandorle, con qualche olio essenziale se sono in vena di lusso, ma ammetto di avere poca pazienza: semplice e veloce va bene per me.
- scrub: ne faccio da me, con fondi di caffè dalla moka o zucchero e olio
- per l‘intimo: coppetta mestruale e qualche assorbente lavabile, in caso di necessità.
- carta igienica: c’è chi la compra lavabile, io mi limito alla riciclata, se possibile comprata sfusa (ma mi rifaccio a quanto ho detto prima: lo so che di solito è comunque imballata in plastica!).
- farmaci: qui il problema penso che sia irrisolvibile. Pur non usando pasticche a go go, e cercando anzi di ricorrere alle medicine solo in caso di vera necessità, qualsiasi confezione che io abbia visto finora contiene della plastica. In questo caso, accetto l’inevitabile: quando serve un antipiretico o un antibiotico, bisogna prenderli!
Punto dolente per tutti: giochi e vestiti per bambini. Come fai?
- nella prima infanzia ho usato pannolini lavabili (ora venduti) e soprattutto Elimination Communication (questa mi è piaciuta molto: ora sono anche consulente), latte materno (per fortuna senza problemi), pappe fatte in casa, niente creme, borotalco, ecc. ma olio di mandorle dolci, salviette lavabili, tanta acqua. Ho usato anche (soprattutto i primi 2-3 mesi) pannolini biodegradabili
- praticamente tutta l’attrezzatura necessaria ci è stata passata di seconda o anche terza mano. Abbiamo comprato solo il tiralatte, il passeggino e un bellissimo materassino bio per il lettino che abbiamo rivenduto visto che il pargolo ha praticamente sempre dormito con noi
- per l’abbigliamento compro molto di seconda mano; passo poi ad altri quello che non ci serve più: altre famiglie oppure case di accoglienza o parrocchia
- i libri per bambini sono la mia debolezza, soprattutto quelli in italiano che qui sono, ovviamente, difficili da trovare!
- il tasto dolente sono i giocattoli: è difficile, almeno per me, imporre la mia scelta al resto della famiglia o agli amici, per cui arrivano inevitabilmente scatole su scatole di giochi di plastica, alcuni si rompono subito. Trovo difficile comunicare che regalare un gioco di seconda mano non è una vergogna e che un regalo, massimo due, basta e avanza.
- Se dovessi trovare una soluzione che mi piace, vi farò sapere. Conosco persone che non ammettono deroghe alle proprio scelte e le comunica con convinzione, io ho timore di offendere chi mi sta davanti.
Con chi condividi questo tuo percorso?
- Il marito, poveraccio, mi segue fino a un certo punto. Non mi sento di obbligarlo, ma inevitabilmente si ritrova con le conseguenze delle mie scelte. È anche convinto che bisognerebbe spostare molta della responsabilità non sui consumatori, ma sui produttori, con leggi molto più severe sul packaging, soprattutto quello inutile e non biodegradabile.
- Mi ritrovo su Facebook con un gruppo che la pensa come me, chiamato Zero Waste Ireland: ci scambiamo dritte e consigli, ci diamo pacche sulle spalle, facciamo foto alla spesa del giorno o della settimana e stiamo costruendo un database di punti vendita e fornitori di cui veniamo a conoscenza.
- uso Freecycle, siti di vendita fra privati, in cui di solito c’è anche una sezione di offerte gratuite, e altri gruppi su Facebook, tipo Dublin Mamas Freecycle, o quelli in cui si comprano e vendono vestiti di buona qualità per bambini e adulti (beh, adulte, in questo caso!). Con le colleghe al lavoro, poi, abbiamo una lunga tradizione di scambio di abiti per adulti e bambini!
Ci consigli qualche sito utile?
- www.zerowastehome.com
- www.trashisfortossers.com
- www.wellnessmama.com
- www.ethicalconsumer.co.uk
- e tutti quei siti di autoproduzione, compreso BabyGreen, che aiutano a diventare più creativi con le risorse che abbiamo già!
Francesca
Adoro i post con testimonianze di questo tipo!
Bravissime Cecilia e Raffaella!
Vorrei eliminare le bottiglie di plastica dell’acqua, ma non so come fare perché l’acqua qui a Torino, o meglio, nel nostro quartiere, ha un sapore molto sgradevole e carica di calcare. La uso sempre per cucinare le pietanze, per i le tisane, thè o caffè, per cucinare il pane ecc…ma non per berla.
Ho letto pareri discordanti sull’uso delle caraffe.
Cosa mi consigliate?
Raffaella-mamma (quasi) green
Ciao Francesca, io ho usato le caraffe ma poi ho smesso perché mi sembrava un costo economico e ambientale veramente esagerato.
Cristina M
ciao Raffaella,
ti seguo da un po’ con piacere. I miei complimenti.
Ho appena finito di leggere il post e mi pare di riconoscere in Cecilia una ragazza che conobbi in Irlanda qualche anno fa…mi fai sapere come posso contattarla? grazie
Cristina
Raffaella-mamma (quasi) green
Ti ho mandato una mail con il suo contatto! ciao!
Nicoletta
Ciao Raffaella, mi sai consigliare un libro simile in italiano??
Raffaella-mamma (quasi) green
Ciao Nicoletta, da qualche settimana è uscita l’edizione italiana. Ho appena aggiornato il post, trovi il link sopra. Ciao!
Nicoletta
Grazie infinite!!!!